giovedì 17 marzo 2011

Occhi di antichi guerrieri greci ci guardano dalla profondità della storia

Il Centro Pastorale di Santa Maria in Silva di Brescia sta diventando veramente una "casa dei fratelli", come ho spiegato ai piccini che sempre più numerosi accorrono per partecipare al doposcuola e che mi chiedono «Cosa è un Oratorio?».
Vengono anche se spieghi che il giovedì le aule sono occupate per il Catechismo «Cosa è un Catechismo?».
Vogliono vedere e capire anche se spieghi che per partecipare ci vuole il permesso della famiglia.
«Ma allora anche per voi [Cristiani] gli uomini sono tutti fratelli?».
Si, Asya, che hai appena scoperto che "anche noi" celebriamo il Sacrificio di Abramo.
Tutti figli di immigrati che lavorano come Negri.. come Indiani, come Ganesi... insomma che si spaccano la schiena per un futuro migliore per la loro famiglia.
Arrivano qui e non gli si chiede il permesso di soggiorno: si accolgono.
Ogni volta, per sapere come ci si comporta, credo che la regola a cui ci si dovrebbe attenere consista nel porsi la domanda: "Cosa avrebbe fatto Gesù al posto mio?".
Questo risolve sempre ogni dubbio su cosa sarebbe opportuno fare.
Così studiano con me e li ringrazio per la gioia che regalano a tutti i volontari che partecipano al progetto ed a me.
Oggi mi hanno chiesto ragione della frase evangelica "Sforzatevi di entrare per la porta stretta!".
«Ma tu che sei mussulmana fai Religione a scuola?»
«No, ma volevo ascoltare.»
Così poi hanno voluto sapere cosa è una parabola.
Non è facile tenere muri alzati a separare i banchi a scuola.
I piccoli vogliono ascoltare, vogliono capire, vogliono sapere.
Che senso ha “rimandarli a casa loro”?
Chi realmente è a casa sua?
Le ragazze hanno quasi tutte le trecce, proprio come le donne longobarde che vennero qui come immigrate illegali.
Gli occhi delle bambine e bambini del Punjab hanno talvolta un colore chiaro, persino occhi azzurri o verdi.
Ne ho compreso l’origine quando una bambina dolcissima mi ha detto che veniva da Alessandria Bucefala.
Alessandria Bucefala? Si. Proprio così. Non parlava italiano, ma queste due parole così consuete per la cultura occidentale sono state un lampo di luce.
Alessandro Magno, il grande condottiero greco, era molto legato al suo cavallo di nome Bucefalo. Quando il fedele animale cadde nella battaglia dell'Idaspe contro il re indiano Poro, Alessandro Magno decise di dedicargli una città. In ogni più lontana regione da lui conquistata volle lasciare presidi greci, per ottenere la fusione dei popoli e delle culture.
Dunque gli avi degli immigrati che siedono tra i banchi di questa improvvisata scuola di frontiera bresciana erano anche opliti macedoni dalle lunghe lance ed occhi cerulei, forse persino generali dell’antica Grecia.
Migliaia di anni prima un popolo dai capelli biondi, che tesseva panni dalle fitte righe incrociate, venne dall’Asia fino all’Europa. I Kilt scozzesi sono una traccia di quella lontana storia di migrazione.
Siamo tutti figli di una tormentata storia di migrazioni.
Il sangue degli uomini e delle donne si è mescolato milioni di volte. Sempre rosso.
Il mio sangue, ereditato da genitori padani, potrebbe essere compatibile con quello di un nativo australiano ma non con quello di un bergamasco.
Forse è per questo che capita di sentirmi fratello di chi sta lontano ed estraneo al vicino di casa.

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