venerdì 8 luglio 2016

Woodstock e The Floating Piers sono finiti. O no?

Avevo finora pensato che i pacchi di Christo fossero propriamente dei “pacchi”, nel senso figurato con cui in gergo si identifica negativamente la bella confezione di un imbroglio. Ciò non significa che la mia personale opinione sulle opere di questo bizzarro artista contemporaneo sia improvvisamente mutata, ma ogni fatto va sempre considerato per i frutti che produce e non sulla base di preconcetti arbitrari.
Sto imparando a considerare le cose non per ciò che si vorrebbe che siano, ma per come funzionano.
Mi sono dunque sforzato di trarre le mie conclusioni sull’installazione The Floating Piers by Christo and Jeanne-Claude sulla base di ciò che ho potuto constare per averlo vissuto.

Non sono un critico e nemmeno un semplice conoscitore d’arte. Del resto non mi interessa molto stabilire cosa è o non è arte: preferisco che sia la Storia ad occuparsi di tale questione.

Sono invece una persona che si occupa da quasi mezzo secolo di fotografia e d’immagine: questo è l’argomento che credo di saper affrontare con qualche competenza.
La disputa sull’artisticità del processo fotografico nacque nel momento stesso in cui l'invenzione fu annunciata. A tal proposito il mio pensiero coincide con il concetto espresso dal grande fotografo Edward Weston: «È arte la fotografia? Quien sabe? Chi lo sa e chi se ne frega? Mi piace!»

Sono convinto che la bontà di ogni cosa vada considerata sulla base della sua efficacia funzionale.
Una buona fotografia deve funzionare anche quando non c’è qualcuno che te la spiega.
Credo che la stessa affermazione possa valere per tutte le opere artistiche.

L’installazione di Christo Stefanov Kabakčiev sul lago d’Iseo resta un’operazione per certi aspetti democratica: non ha richiesto l’applicazione di codici culturali e chiavi semantiche per essere letta e decifrata. La gente ci ha semplicemente camminato sopra senza chiedere spiegazioni. Capisco che questo sia risultato particolarmente irritante per gli accademici che della critica d’arte fanno una professione.

Philippe Daverio, che peraltro continua ad avere la mia massima stima, intervistato da Davide Agazzi per BergamoNews, ha detto:
«L’arte è qualcosa di diverso, è altra cosa. Qui manca l’ambiguità e la complessità dell’arte vera, oltre alla ripetibilità. Uno ascolta duecento volte la fuga di Bach o ammira per centinaia di volte il Davide di Michelangelo e ogni volta percepisce una nuova sensazione. Se uno invece salisse per duecento volte sulla passerella di Christo entrerebbe nella categoria dei cretini. »

Sicuramente Daverio si intende d’arte, ma non di cammini.
Ogni volta che tu passi dal medesimo marciapiede troverai diverse condizioni di luce e di tempo meteorologico: le stagioni e le ore cambiano, ma soprattutto cambi tu e la gente che incontri. In una installazione fatta di gente che cammina è il paesaggio umano che conta in modo incontrollato e determinante. Sono stato su “The Floating Piers” due volte: il primo giorno di apertura e l’ultimo.
Ho realizzato circa 250 frammenti video ripresi in piano-sequenza ottenendo 250 micro-racconti, l’uno diverso dall’altro. Ero partito senza grandi aspettative, ma carico di curiosità e voglia di capire e sono tornato carico di stimoli, emozioni, idee e soddisfazione.
Philippe Daverio ha invece certamente ragione quando afferma che «È un po’ come le sagre di paese».

Quando l’evento venne annunciato, sorsero spontaneamente forti perplessità sull’impatto ambientale, sulla sicurezza, i costi. Immediatamente mi si presentò alla mente la parola “sarneghera”: il temuto nome di una compatta linea di fronte freddo in grado di generare in modo improvviso imponenti temporali con forti venti e pericolose ondate sul lago d’Iseo.

Subito si sono costituiti due grandi schieramenti graniticamente opposti tra i pro e i contro, due tifoserie spesso arroccate su dogmatici preconcetti, come capita di osservarne nell’integralismo religioso, sportivo o politico.

Perché spendere una quantità impressionante di risorse quando ci sono tanti bambini che annegano davanti alle stesse spiagge su cui i turisti prendono il sole d’estate?

Non so perché in qualche parte del mondo c’è gente che balla mentre altrove c’è gente che tortura.
Forse smettere di ballare non aiuterebbe chi muore nel dolore.
La consapevolezza della violenza e della fame, di tutto il male inflitto come bestemmia suprema nei confronti della vita stessa, calpesta e spezza ogni festa.

Dunque bisogna riconoscere che sussistono solide ragioni per sentirsi in colpa nel corso di feste, fiere, balli, concerti, festival, spettacoli, mostre…

Tuttavia la speranza si nutre di momenti di gioia collettiva e The Floating Piers è stato uno di questi.
Credo che questo evento, come cercherò di spiegare più avanti, sia stato più educativo ed eticamente significativo di un grande discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite.

L’arte non si fa con ciò che è necessario ed utile. Nemmeno la scienza e la cultura.
Tuttavia il necessario e l’utile sono poi i frutti dell’arte.

L’evento è stato segnato semplicemente da ciò che è successo e quello che è accaduto ha in qualche modo cambiato la percezione condivisa di come funziona l’installazione effimera creata da un artista.

Intanto ha avuto occasione di riflettere sui sensi iniziando da vista, udito, tatto, olfatto e gusto.
La sensibilità medievale che aggiungeva il cuore come sesto senso, ma in effetti abbiamo recettori anche per rilevare calore, dolore/benessere, propriocezione ed equilibrio.

The Floating Piers ha messo in gioco alla grande i nostri recettori!
Davanti ad un quadro esercitiamo poco più che la vista.
L’installazione di Christo sul lago d’Iseo comportava invece una percezione ricca di stimoli multisensoriali, tanto da creare problemi alle persone di particolare sensibilità.
C'è stato chi ha deciso di “non andare” ma il mio amico Elio “non ci è potuto andare”: soffre di mal di mare ed era sicuro che la passeggiata sulle onde lo avrebbe fatto star male.

I bambini hanno compreso immediatamente “come funzionava”:
«Mamma, è bellissimo, sembra di stare su un gonfiabile
Per qualche adulto invece l’osservazione è stata:
«Non ricordo di avere mai camminato tanto in vita mia.»
C’era chi apprezzava la brezza, chi l’odore del lago, chi prendeva il sole…
È certo che tutto ciò si può ottenere con una semplice passeggiata, ma camminare su un galleggiante-sgargiante che segue il respiro delle onde, materno come un soffice prato d’erba, è un’altra cosa.



Si, come ha detto Philippe Daverio, è stato un po’ come partecipare ad una sagra di paese in cui ci si trova tutti in compagnia per stare serenamente bene, senza barriere. Chi ci è stato ha camminato insieme condividendo una gioia bambina, illuminati dallo stupore. Ha ascoltato mescolati i linguaggi del mondo, ha incontrato persone con kippah, turbante, velo, kefiah… Non avevo mai visto camminare insieme tanta gente così diversa, nemmeno alla Marcia della Pace Perugia-Assisi!
Eppure ci si sorrideva e persino ci si salutava scambiando battute: incredibile.
Mi è parso come quando, anni fa, si viaggiava in treno con tanti sconosciuti nello stesso scompartimento. Strano, anche questo è cambiato: oggi si sta tutti immusoniti, estranei e chiusi in difesa. Lo smartphone ha aiutato ad innalzare difese e scoraggiare ogni speranza di interazione.

Sui pontili galleggianti di Christo ho incontrato anche tante persone in carrozzella, persone che coraggiosamente incedevano con le stampelle, focomelici che giustamente e senza alcun complesso indossavano leggeri abbigliamenti da spiaggia, abili e disabili di ogni specie. La passerella galleggiante era senza barriere. Non c’erano nemmeno i “tornelli” di cui si era inizialmente parlato.

La gente ha camminato su The Floating Piers semplicemente perché “è stato bello”, senza stare tanto a domandarsi il perché, senza dovere preventivamente stabilire se stavano partecipando da protagonisti ad un evento artistico. La gioia condivisa ha caratterizzato questo evento che ha saputo coinvolgere persone di cultura e di culture profondamente diverse.

Samuele, Marta, Simone e Martina sono arrivati da Seveso Barlassina, Monza.
Vijay, bergamino indiano della Bassa bresciana, venuto con moglie e numerosa prole.
Cinzia e Roberto con i figli Mia e Davide ed il cagnetto Rudy, di Pedrengo.
Cinesi, e russi, e bulgari, tedeschi, americani, argentini, messicani, ricchi snob venuti da lontano.
Politici, attori e poveracci venuti col panino e la bottiglietta d’acqua portata da casa.
Immigrati di ogni colore e continente che si sono incontrati per caso sulla passerella galleggiante, riconoscendosi del medesimo paese ed abbracciandosi per scambiarsi baci e lacrime.
Tutti sulla stessa barca, pardon, passerella, accomunati in una democratica marcia per certi versi simile alla “danse macabre” medievale che livella ogni cammino, ma questa volta nel segno della letizia.

La consapevolezza di avere contribuito a qualcosa di speciale è anche nelle parole delle hostess e degli steward addetti alla sicurezza, come Silvia, Andrea e Marco: «Tutto prima o poi finisce, e quest’opera, per sua natura, è addirittura a tempo - dice Silvia-. Un’esperienza esaltante, anche col caldo feroce di questi giorni».

Il desiderio di comunicare la propria felicità si è pervasivamente espresso col tanto vituperato selfie che altro non significa se non “sono stato qui, sono stato bene ed ho pensato a te”. La condivisione sulla rete globale dei social non è stato altro che un immenso, universale scambio di cartoline che dicevano “saluti da Montisola”.


Qualcosa di straordinario e di storico è accaduto tra Sulzano, Montisola e l’isoletta di San Paolo.
Questo minuscolo lembo di terra, inaccessibile e sconosciuto persino ai bresciani, era collegato da due pontili galleggianti all’isola maggiore. Ben pochi ne conoscono la storia e tanti ignorano anche il nome dei proprietari. Francamente non capisco in base a quali interessati calcoli l’artista bulgaro avrebbe tratto qualche vantaggio da un presunto omaggio ai padroni dell’isolotto. Christo si è espresso chiaramente: «È difficile, è dura, ma ho 81 anni e stiamo ancora facendo progetti totalmente liberi ed indipendenti.»

Un personaggio che spende 15-18 milioni di euro di tasca sua per fare camminare la gente sull’acqua è un pazzo o un visionario. Camminare sull’acqua è una pratica che appartiene alla categoria dell’impossibile, sperimentabile solo nell’onirico o nel miracoloso, testimoniata nei Vangeli come manifestazione divina.
Eppure quasi un milione e mezzo di persone ha avuto la sensazione di camminare sull’acqua: non se ne dimenticheranno più nella loro vita e lo racconteranno ai nipoti.

Il giorno successivo alla chiusura dell’evento, nel corso dell’International Council of Museums 2016 a Milano, Christo ha pronunciato un brevissimo discorso che mi ha colpito:
«… i miei progetti sono così irrazionali, totalmente inutili e di cui nessuno ha bisogno. Qualcuno dice “sono soltanto un bonus, possiamo vivere anche senza”. Ecco perché i miei progetti non rimangono; esprimono una completa libertà, nessuno può comperarli. Ricordo che quando ho presentato The Floating Piers in America ha detto “nessuno sarà così stupido da pagare un biglietto per camminarci sopra”. No. L’opera è rimasta assolutamente gratuita. »

Questo concetto di possesso mi chiama in causa e mi fa riflettere come collezionista di fotografie antiche.
«La libertà è rivale al possesso, nessuno lo possiede… Questa installazione è di tutti quelli che ci sono passati sopra. Quando scomparirà, rimarrà il ricordo.»
Sono parole che cambiano radicalmente la percezione di bene artistico e persino la funzione degli enti museali, mettendo in discussione il confine tra virtuale e fisico, tra l’effimero ed il permanente.

«Era un'opera inutile, ma totalmente libera. L'obiettivo era quello di rendere il progetto molto fisico e non una semplice riproduzione virtuale. Non eravamo sicuri che le persone ci avrebbero camminato sopra… ma quasi un milione e mezzo di persone hanno camminato su The Floating Piers verso il nulla. Non c’era un centro commerciale né amici da raggiungere, ma si trattava di camminare senza meta, perché il progetto riguardava semplicemente una camminata ed abbiamo chiesto di camminare a piedi scalzi e questa è stata un’altra incognita. Non c’era nulla intorno a loro se non l’acqua e questa superficie sulla quale camminare. »

Come era prevedibile, molti furbi e profittatori hanno sfruttato l’evento per farci soldi con servizi di ogni genere a prezzi truffaldini, ma ciò non può essere imputato al signor Christo.
È chiaro che con oltre un milione di accessi, la percentuale degli imbecilli e dei maleducati che hanno camminato sulla passerella galleggiante raggiunge un numero decisamente significativo di presenze. Ciò ha ovviamente comportato un certo spargimento di cicche di sigaretta e rifiuti di vario genere.
L’evento ha naturalmente comportato anche alti costi indotti per la sicurezza, la tutela della salute, i trasporti, ma il territorio ha indubbiamente tratto benefici che si protrarranno a lungo nel tempo.
Delle preoccupazioni relative al corretto smaltimento dei materiali avremo tempo di occuparci: mi auguro che tutto proceda positivamente come promesso.
La sarneghera, sorvegliata speciale da un avveniristico sistema di allerta, non si è vista.
Avrei giurato che, come statisticamente prevedibile, visto che si trattava di portare un mare di gente in mezzo al lago, ci sarebbe scappato il morto… ma sono felice di essermi sbagliato.

Cosa resta?
Resta l’assenza.
Nei precedenti “pacchi” di Christo era esattamente il contrario: l’assenza che consentiva, per un breve periodo, di prendere coscienza di quanto contava qualcosa di storicamente importante che veniva temporaneamente nascosto dai teli.
Ora invece davanti a Sulzano MANCA quella inconcepibile striscia galleggiante, coperta da un tessuto arricciato e cangiante di un chiassoso giallo dalia.
Mancherà per sempre.

Restano testimonianze destinate a proseguire virtualmente questa fantastica esperienza come
http://www.video360gradi.it/floating-piers-map/

Restano milioni di foto digitali e riprese video: dall’alto, dall’acqua, da sopra… che continueranno a raccontare lo stupore e la gioia della gente che ha camminato insieme senza rendersi pienamente conto che l’opera d’arte SONO STATI LORO.

Dalla mezzanotte di domenica 3 luglio 2016 The Floating Piers ha smesso per sempre di galleggiare sul lago per iniziare a fluttuare nella storia.
Nessuno a Woodstock, presso Bethel, una piccola città rurale nello stato di New York, avrebbe immaginato che quei “Three Days of Peace & Rock Music” (tre giorni di pace e musica rock) avrebbero segnato un passaggio storico della società contemporanea. Sicuramente la popolazione locale rimase scandalizzata, schifata dal disordine, dalla promiscuità, dallo sporco e dai disagi subiti. Tutti i residenti locali, alla fine, pensarono “finalmente se ne sono andati!”

Woodstock e The Floating Piers sono finiti.
O no?

1 commento:

  1. Mi piace questo tuo ultimo post, che non cadrà nel dimenticatoio come quelli di Facebook, perchè ha contribuito a farmi in parte ricredere su quest'ultima opera di Christo non come opera d'arte, ma come suscitatrice di emozioni sempre diverse e occasione di pace perchè mette in risalto ciò che accomuna persone di origini, religioni, polpoli e razze diverse. Mi dispiace quasi di non averti seguito nell'ultima impegnativa camminata, ma forse non avrei retto alla fatica e avresti desistito anche tu per solidarietà. Perciò mi accontento di guardare i tuoi video e di rileggere ogni tanto questo tuo post

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